Nel corso degli anni Sessanta, Alitalia diede avvio a un’iniziativa culturale di straordinaria originalità, volta alla promozione dell’arte italiana contemporanea attraverso una forma inedita di fruizione: l’esposizione a bordo dei propri aeromobili. L’intuizione alla base del progetto si deve proprio a Corrado Cagli che propose di trasformare il viaggio aereo in un’occasione per mostrare l’arte in modo non convenzionale, portandola letteralmente in volo.
Questa visione prese forma nel 1960 con l’allestimento, a bordo di un Douglas DC-8, di un vero e proprio ambiente espositivo, progettato dall’architetto Ignazio Gardella. Figura di primo piano del razionalismo italiano e già attivo nella progettazione museale, Gardella reinterpretò lo spazio interno dell’aeromobile con l’uso di materiali ricercati e soluzioni architettoniche atte a creare un’atmosfera di raffinata intimità. All’interno di questo contesto si collocava Preludio al Macbeth, una delle opere selezionate per rappresentare le tensioni espressive e il dinamismo della ricerca pittorica italiana del tempo.
L’intervento faceva parte di un progetto curatoriale più ampio, che coinvolse artisti di rilievo quali Renato Guttuso, Marino Marini, Giuseppe Santomaso, Antonio Corpora e Mirko Basaldella. L’obiettivo era duplice: da un lato, comunicare al pubblico internazionale l’identità culturale dell’Italia del dopoguerra, attraverso la forza simbolica delle arti visive; dall’altro, promuovere un modello di collezionismo accessibile e in movimento, in cui le opere – pensate come parte di una collezione modulare e rinnovabile – erano anche disponibili per la vendita.
Questa operazione, al confine tra mecenatismo aziendale, design e sperimentazione museografica, rappresenta un esempio emblematico di come l’arte, nel secondo dopoguerra, abbia cercato nuovi canali di diffusione, superando i confini tradizionali dello spazio espositivo per entrare nella dimensione del quotidiano.
A distanza di quasi mezzo secolo, tuttavia, nel 2009, a seguito del fallimento della compagnia aerea, il nucleo di opere fu messo all’incanto dalla casa d’aste Finarte, sancendo la dispersione di un patrimonio artistico che aveva rappresentato, per un’intera stagione, un esperimento culturale all’avanguardia nel panorama internazionale.